Da appassionata di serie televisive e di contenuti Marvel non potevo perdere l’occasione di guardare la fortunata e recentissima miniserie WandaVision basata sui personaggi della Marvel Comics Wanda Maximoff e Visione.
In WandaVision Wanda Maximoff, donna mutante capace di alterare la realtà con la sola forza del pensiero, e l’androide Visione, vivono una vita idilliaca nella tranquilla Westview, nel New Jersey, cercando di celare ai concittadini i propri super-poteri.
Fin dalla prima puntata lo spettatore viene catturato dalla sensazione che in quella che sembrerebbe una tipica sit-com anni Cinquanta qualcosa non funzioni, che qualcosa nello svolgersi della narrazione sia strano, incongruente. La perplessità aumenta nelle puntate a seguire, attraverso questa sorta di viaggio psichedelico tra epoche e cliché televisivi, punteggiati qua e là da anomalie e stranezze nella quotidianità bucolica di Visione e Wanda.
Non è tutto oro ciò che luccica, personaggi e pubblico, ad un certo punto, con questa scomoda verità ci faranno i conti.
Wanda d’altra parte è un personaggio con una drammatica storia alle spalle. Nata in nell’est Europa nella povertà, ha una vita contraddistinta dal dolore della perdita e della deprivazione. Le morti violente, prima dei genitori, poi del fratello-gemello Pietro ed infine anche del suo grande amore a cui assiste, segnano dei solchi profondi nel suo animo, nella sua mente.
In che modo la mente di una persona può reagire all’esposizione ad eventi traumatici? Che sorta di difesa o protezione psicologica gli esseri umani posso mettere in atto per continuare a vivere, nonostante tutto?
Con la dissociazione per esempio, termine che coniò Pierre Janet nel lontano ‘900, per definire la scissione e l’isolamento delle tracce di memoria traumatica che osservava nei suoi pazienti. La dissociazione è un meccanismo che impedisce al trauma di integrarsi all’interno dei magazzini della memoria autobiografica creando, in sostanza, un sistema di memoria, in cui memoria ordinaria e traumatica restano distinte e hanno differenze sostanziali. Tali differenze hanno a che fare con il modo in cui le memorie sono organizzate e le reazioni fisiche ai ricordi traumatici.
In uno studio di Van der Kolk e colleghi del ’94 furono intervistate 76 persone vittime di gravi eventi traumatici per confrontare il modo in cui vengono immagazzinate esperienze positive e terrifiche.
Matrimoni, nascite e lauree, citati dai partecipanti come eventi indimenticabili, ma positivi erano rievocati come eventi del passato, storie con un inizio, una parte centrale e una fine. “Nessuno dichiarava di aver dimenticato completamente uno di questi fatti per un certo periodo della sua vita. Al contrario, i ricordi traumatici erano disorganizzati. I soggetti ricordavano alcuni dettagli in modo fin troppo intenso (l’odore dello stupratore, lo squarcio sulla fronte di un bambino morto), ma non ricordavano la sequenza degli accadimenti o altri dettagli importanti (la prima persona che aveva prestato loro soccorso o se fosse stata un’ambulanza piuttosto che un’auto della polizia a portarli in ospedale).
In sostanza, il nostro studio confermò il doppio sistema di memoria che Janet e i suoi colleghi della Salpêtrière avevano descritto più di cento anni prima: le memorie traumatiche sono sostanzialmente diverse dalle storie passate, che raccontiamo. Le memorie traumatiche sono dissociate: le diverse sensazioni registrate dal cervello al momento del trauma non sono correttamente assemblate in una storia, in un pezzo di autobiografia” (Van der Kolk, 2015).
Le sensazioni, i pensieri e le emozioni del trauma sono immagazzinati separatamente in frammenti congelati e difficilmente comprensibili, al di fuori del livello di consapevolezza, così che le memorie traumatiche sono in un certo senso tenute a bada. Ma il presso da pagare è alto. La dissociazione comporta un importante depauperamento delle energie psichiche tale da comportare un possibile declino nel tempo del funzionamento personale e sociale dell’individuo.
Cosa c’entra tutto questo con WandaVision e Wanda Maximoff con i suoi straordinari poteri?... Beh, lascio a voi scoprirlo!
Van der Kolk B. (2015), Il corpo accusa il colpo, mente corpo e cervello nell’elaborazione delle esperienze traumatiche, Raffaello Cortina, Milano