Catfish (pescegatto) è il noto docu-reality statunitense andato in onda su MTV nel 2013, che racconta le verità e le bugie delle relazioni online, basata sull’omonimo film documentario Catfish, prodotto nel 2010.
Il nome Catfish sembra derivare della pesca, ambito in cui si sfruttava la capacità dei pescigatto di tenere i merluzzi attivi, agili. Nella vita reale alcune persone sarebbero come dei pescigatto, perché riescono a tenerti sulle spine. Alimentano il tuo interesse, la tua attenzione, ti tengono sveglio, ti accendono emotivamente. Questo è pressappoco quanto afferma uno dei personaggi del film. Da psicologa le fantasie che queste parole suscitano in me sono: i pescigatto sono personalità narcisitiche o per lo meno ne hanno qualche caratteristica?
La nostra epoca è una “civiltà delle immagini” cioè è caratterizzata da un enorme produzione e diffusione di immagini. La connotazione è in un certo senso negativa, in quanto può spingere ad esaltare aspetti esteriori e superficiali a scapito di contenuti profondi. Questa caratteristica si sposa felicemente con la personalità narcisista, che come la matrigna di Biancaneve ha un estremo bisogno di specchiarsi quotidianamente, per rifuggire ad un intollerabile vuoto interiore, ed avere restituita un’immagine di sé ideale, ineccepibile, meravigliosa. Altrimenti si salvi chi può, cacciatori, mele, specchi infranti etc.
Ma torniamo al nostro Catfish della relazione online. Il nostro narcisista-pesce gatto è stato prigioniero di complicati intrecci nella famiglia d’origine, ha subito pressioni e comportamenti ambigui, è stato oggetto di soddisfacimento di bisogni altrui, e non soggetto rispecchiato e riconosciuto. Nella rete può mettere in atto molto facilmente questa modalità relazionale confusa che sfrutta l’altro per i propri bisogni psicologici. “La rete è un ottimo rifugio dove colorare il proprio passato di finzioni e poter meglio sedurre la propria vittima. Il narcisista non è capace di una vera complicità nella vita reale, mentre è molto bravo a inventarla nella rete” (Cantelmi, 2013).
Non necessariamente però l’inautenticità è sinonimo di narcisismo, secondo alcune ricerche tendiamo tutti a raccontare almeno 3 bugie sotto forma di piccole deformazioni della realtà per farci percepire migliori nei prima 10 minuti di interazione con uno sconosciuto. È un meccanismo psicologico normale, in quanto siamo consapevoli che le impressioni si formano rapidamente già dai primi scambi di battute. Per cui vogliamo apparire al meglio, da subito.
Di solito sui social postiamo tutti, o quasi, informazioni e foto che mostrano i nostri lati migliori. Nelle relazioni online le tendenza a mostrare per lo più il lato migliore di sé è favorito dalla non presenza reale, tangibile. Il meccanismo della proiezione, poi, contribuisce ulteriormente a dipingere a nostro piacimento la situazione relazionale. Infatti i buchi di informazione li riempiamo con le nostre credenze. Se desideriamo tanto conoscere qualcuno tenderemo a proiettare sul nostro interlocutore e sulla relazione on-line tutte quelle caratteristiche ideali che da tempo stiamo cercando. Ma questo è ciò che capita anche dal vivo, offline, quando le persone che si piacciono cominciano a frequentarsi e vivono la famosa “luna di miele”.
In fin dei conti siamo un po’ tutti pesci-gatto e un po’ tutti ammaliati dai pescigatto, ma occhio agli eccessi favoriti dai mezzi tecnologici, o si finisce irretiti come i poveri merluzzi. La relazione vera e appagante è quella in cui progressivamente disveliamo all’altro i nostri difetti, le nostre fragilità, i nostri limiti senza che questo cambi la qualità del legame. Online e offline.
Cantelmi T., 2013, Tecnoliquidità, Edizioni San Paolo, Torino.
Romagnoli G., 2018, Specchiarsi allo schermo, Psicologia Contemporanea, pagg. 40-41.